Nel Ghana centrale, lungo una strada polverosa quasi al confine con il Togo, c’è un piccolo villaggio che ha una caratteristica che lo differenzia da tutti i villaggi della zona; in questo villaggio gli abitanti sono tutte streghe e stregoni.
Ci troviamo nella regione abitata dalle etnie Konkomba, o Komba, e Dagomba due popolazioni animiste che hanno una struttura sociale intrisa di riti e cerimonie, che sono parte integrante della loro vita quotidiana e della sopravvivenza tribale.
Per i Konkomba e i Dagomba non esiste alcuna distinzione tra sacro e profano, spirituale e materiale, corpo e anima, ma la spiritualità è presente in ogni espressione della vita: lavoro, cibo, guerre, procreazione e riposo.
Non esistono non credenti nei popoli Dagomba e Konkomba, tutti credono nel mondo spirituale e nei feticci, che rappresentano i vari spiriti.
In un contesto sociale così legato alle credenze, essere accusate di essere una strega è un’accusa grave, che può trasformarsi in una condanna a morte.
Questo villaggio che abbiamo visitato ospita una comunità di streghe, o presunte tali, che qui hanno trovato un rifugio sicuro e la possibilità di avere ancora una prospettiva di vita.
Con l’auto abbandoniamo la strada principale e ci addentriamo per un po’ lungo una strada sterrata, lasciandoci alle spalle qualche villaggio Konkomba.
Finalmente arriviamo e parcheggiamo sotto un grande albero ombroso; veniamo accolti gentilmente dalla gente del villaggio che si trova qui.
Un ragazzo, che ci farà da traduttore e che sfoggia una maglia del Manchester United, si avvicina e si presenta; attraversiamo il villaggio mentre alcuni uomini sono seduti in cerchio a discutere e le donne sono impiegate nelle faccende domestiche.
La nostra guida ci mostra un pipistrello enorme che sarà molto probabilmente la cena di qualche abitante di questo villaggio.
Proseguiamo per il sentiero seguendo la nostra guida, ci allontaniamo di qualche centinaio di metri e il lontananza vediamo delle costruzioni, finalmente ecco il villaggio delle streghe!
Il villaggio è in pratica una sorta di luogo d’esilio, nascosto dalla strada e raggiungibile solo percorrendo a piedi questo un sentiero nella savana.
L’architettura del villaggio è simile a quella di qualunque villaggio tradizionale dei Konkomba o dei Dagomba, con capanne con il tetto in paglia, tonde per le donne e quadrate per gli uomini, posizionate un po’ distanti le une dalle altre.
Quando arriviamo al centro del villaggio veniamo accolti sotto una struttura dal tetto piatto dove si trovavano alcuni uomini e il capo villaggio, un personaggio molto interessante che i locali ritengano sia molto potente come feticheur.
Lui ci racconta come le donne e gli uomini che trovano rifugio nel suo villaggio siano considerate responsabili di episodi gravi di stregoneria, che, in alcuni casi hanno provocato la morte di una persona o hanno causato una malattia improvvisa e grave oppure sono responsabili di un raccolto pessimo.
Solitamente, quando una persona viene accusata di stregoneria, è costretta ad abbandonare immediatamente il proprio villaggio, spesso senza potersi portare i propri averi; se restasse il rischio è che gli abitanti del villaggio la possano uccidere, solitamente con un linciaggio.
Questo villaggio è l’unico che le accoglie e offre loro un rifugio; quando giungono qui, il capo villaggio fa loro una sorta di processo; chiede loro di raccontare la loro storia e la loro versione dei fatti e chiede espressamente se sono colpevoli di stregoneria oppure no; una volta che loro si sono espresse il capo villaggio compie un rito per capire se stanno dicendo la verità o meno.
Il rito consiste proprio nel chiedere all’imputata “hai detto la verità?”, a questo punto il capo villaggio prende un pollo e con un coltello lo sgozza, se il pollo cade in avanti in avanti l’imputata sta mentendo, mentre se il pollo cade all’indietro l’imputata sta dicendo la verità.
Se scagionate dalle accuse il capo villaggio intercede presso il villaggio originario della donna ingiustamente accusata, per poterle consentire di tornare a casa senza temere di subire delle minacce o peggio di essere linciata; se invece risulta colpevole di stregoneria resta a vivere in questo villaggio sotto la protezione del capo villaggio.
Nel villaggio, e con più precisione sul suo confine, ci hanno raccontato che è presente un feticcio molto potente che è in grado di controllare e annullare i poteri delle streghe che sono ospitate qui e questo contribuisce a purificarle dalle loro cattive volontà.
Alcune streghe, o stregoni, anche se giudicati innocenti, preferiscono rimanere a vivere qui, per il timore di non essere più bene accetti nel villaggio di origine.
Il capo villaggio da loro una casa in cui vivere e si prende cura di loro, solitamente non hanno una occupazione, trascorrono le giornate all’interno del villaggio, chiacchierando tra di loro o facendo brevi passeggiate; quando una strega che abita nel villaggio muore, viene seppellita all’interno della propria casa che viene poi sigillata, in modo che niente e nessuno possa entrarvi o uscire, questo per far si che lo spirito della strega non abbandoni il villaggio.
Dopo aver chiacchierato a lungo con il capo villaggio abbiamo fatto il giro del villaggio, sempre accompagnati dalla nostra guida che ci faceva da interprete; abbiamo incontrato alcune donne, presunte streghe, che ci hanno accolto con estrema gentilezza e serenità, che un po’ ci ha straniti visti i fatti gravi di cui sono state accusate.
Abbiamo parlato con qualcuna di loro, chiedendo come si trovassero a vivere in questo villaggio e quali fossero i fatti che le avevano costrette a trasferirsi qui, ma, seguendo le precise indicazioni dl capo villaggio, non abbiamo mai chiesto loro se fossero o meno colpevoli; è una cosa da non chiedere e che potrebbe turbare la strega e si sa che è meglio non farle arrabbiare 🙂